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324 il secolo che muore


prima di arrivarci sbagliarono la strada; ricorse al supplemento dei singhiozzi; il prete la consolò, ella si fece facilmente consolare e riprese a dire: — Dunque mi sono messa in viaggio, ho corso tutta la notte e qui giunsi più morta che viva per lo spasimo e per la fatica; affamata, assetata per tentare di salvarla; subito presi lingua, ed ho saputo trovarsi qui. Ora non ci è tempo da perdere; su via, signor curato, non consenta che ancora io mi getti alla disperazione; mi aiuti per carità.

— Ma sa, signora marchesa, che se il giovane è un fiore di virtù, la sua signora figliuola non monda nespole? La si figuri ch’ella ha avuto lo stomaco, con cotesta posola in corpo, di venire stamani da me a confessarsi e a comunicarsi; questo, non ci è caso, è un sacrilegio bello e buono. O chi ha creduto ingannare ella? Me o Dio? Ma sa, che se noi non arriviamo in tempo a farla vivere e pentire, ella se ne va allo inferno diritta come un fuso?

— Così credo anch’io; però si affretti, impediamo che ciò avvenga... Oh! che fa ella che non si muove e sta sempre li co’ calzoni in mano?

— La colpa non è mia, si compiaccia ritirarsi nell’altra stanza, tanto ch’io mi vesta.

— Che importa?

— Se sono in mutande.

— Via, per contentarla mi volterò dall’altra parte,