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capitolo xviii. 321


rompe Verdiana; don Macrobio, co’ calzoni in mano tutto sbigottito, domanda:

— Ch’è stato? Ch’è stato? di’ è stato?

E Verdiana: Ci è qua una dama accompagnata dal Bigi, il locandiere dell’Albergo Nazdonale, che le vuole parlare subito subito; mi ha dato una carta perchè la consegni a lei. Apra l’uscio...

Il prete, co’ calzoni in mano, va ad aprire, e Verdiana gli porge la carta; ma, essendo buio, non la può leggere; ond’egli stizzisce e borboglia:

— Sciatta! Sbadata! Questo accade perchè non hai portato il lume in camera.

— Signore! Oh! s’è stato proprio lei che non ce l’ha voluto.

— Chetati! Non istarmi a fare la rivoluzionaria volendo ragione... va’ pel lume.

Venne il lume, e don Macrobio lesse una litania di titoli uno più appannato dell’altro. Adesso soprasta nuovo pericolo, che la marchesa, arrivata sopra la soglia, minaccia invadere la camera. Il prete, vergognoso di esser colto in cotesto arnese, non gli sovvenendo meglio, salta sul letto co’ calzoni in mano e si nasconde sotto le lenzuola. — Elvira irrompe e va, senza riguardo, a sedere sul seggiolone che il prete teneva a capo del letto, poi ordina alla serva: — Posate la lucerna su lo inginocchiatoio, andatevene e chiudete l’uscio.

Verdiana obbediva a bacchetta, strologando fra