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292 | il secolo che muore |
Questa è un’azione villana, mi scappa fuori a intronarmi le orecchie la mia censora; i segreti delle signore si vogliono rispettare; lei mi è andato a pescare i suoi personaggi nelle bettole dei sobborghi di Milano.
— Scusi, rispondo io, io cavo i miei personaggi da per tutto; mi astengo da cavarli fuori da certi luoghi, per giusto timore di non avere ad andare dentro io in certi altri; ne io ho assunto a descrivere angioli, ma si uomini dei suoi tempi, signora...
— E dei suoi...
— E dei miei; e gli uomini, ella lo sa, moltissime cose fanno di celato, che in palese condannano, e piacesse a Dio che non fossero più triste di questa di Omobono; ancora da parecchi giorni egli non sapeva niente di Milano, sicchè si potrebbe dire ch’egli si trovasse costituito in istato di legittima curiosità: per ultimo, che Omobono e l’Amina essendo ormai come Gildippe ed Odoardo amanti e sposi, fra loro non ci potevano cascare segreti...
— Adagio; misura tre volte e taglia una; anzi, appunto per questo...
— Tenga la lingua a sè, mi faccia la carità; e allora.... allora, o chi le dice che l’Amina non lo abbia fatto a posta per dargli la sassata e nascondere la mano? Il tenore della lettera questo.