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capitolo xviii. 289


Amina e Omobono eccitavano la gente a tuffarsi, la quale per la cupidità del premio saltava nell’acqua a mo’ dei ranocchi se odano cosa che metta loro paura. Fruga e rifruga, non venne fatto di trovarlo a veruno, o perchè quivi l’acqua fosse troppo alta, o perchè qualche corrente lo avesse trasportato altrove: comecchè di estate, pure, declinando il giorno, Omobono con quell’umido addosso cominciò a sentir freddo; pertanto si ritrasse a casa; rimase Amina, arrotandosi sempre alla ricerca del portafogli; all’ultimo, stracca, tornò anche ella all’albergo, avendo distribuito prima qualche moneta ai pochi fortunati palombari, pure molto raccomandandosi non ismettéssero i tentativi: a cui riuscisse trovare il portafogli, sempre fermo il premio; anzi lo crescerebbe del proprio.

Per tutto quel dì e per l’altro appresso non si fece che tattamellare del portafogli; molti e diversi andarono attorno i discorsi e sgangherati tutti, i quali poi si appuntarono in quest’uno, che il portafogli conteneva un tesoro in biglietti di banca e gioie; lo screzio rimase nel giudizio della somma, la quale, secondo la fantasia dei giudici, saliva a milioni o calava a lire centomila circa.

Omobono comprendeva ottimamente il dispiacere dell’Amina per la perdita del portafogli, dove certo ella conservava disegni così propri come altrui, ca-