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capitolo xv. | 27 |
biglietti falsi, imperciocchè ormai non se ne sarebbe potuto, senza manifesto pericolo, mettere in commercio copia maggiore. Omobono, quando prima s’ingaggiò in questo partito disperato, sapeva ottimamente che dopo un certo tratto la via si biforcava in due, di cui l’una poteva mettere capo ad una contea, e l’altra alla galera: adesso, tentato per bene il terreno, gli pareva essere senz’altro entrato su quella della galera. Nella tempesta si prova il pilota; ond’ei pensa e ripensa, gira e volta, sbirciala per la diritta e alla rovescia, ecco gli piove una ispirazione dall’alto.... Se arrivasse a comporre una società in accomandita per la costruzione di una strada ferrata! Se la concessione dal governo di fabbricarla! Niente sarebbe perduto, all’opposto salvata ogni cosa: nuovo olio sarà infuso nella lampada, la casa sua rifulgerà di raddoppiato splendore: la massa dei biglietti falsi si dileguerà come nuvoletta di estate nell’orizzonte purificato: dunque qui dentro tutti, coll’anima e col corpo; mano ai ferri subito.
Chi legge facilmente comprenderà come Omobono dovesse conoscere Egeo, e di che tinta! Si amavano svisceratamente, giù per li come Federigo II Maria Teresa, di cui la passione, secondo quello che egli stesso diceva, non si sarebbe quietata se prima non l’avesse veduta ignuda. Adesso trovaronsi insieme; accordaronsi; con forze unite