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capitolo xviii. 273


si può immaginare occasione più destra per descrivere le magnificenze di Como? qui tutto; prima la emulazione, la quale è tanta parte delle opere umane, mi pone le perette sotto la coda; una legione intera di letterati, che vanno per la maggiore o per la minore, le celebrarono in prosa e in versi. — Cesare Spalla, Giovanni Berchet, il Corbellini, il Torti, il Gentili e il Turati le presero a tema delle loro poesie. Gli storici e gli scienziati metto da parte, però che mi farebbero compore nuove litanie, le quali solo a Torquato riuscì rendere amabili nei suoi estri religiosi: però non si possono tacere Plinio, Cassio e lady Morgan; alla quale è mestieri che noi perdoniamo molto, perchè ci amò molto e ci confortò a non disperare, mentre da tutto il mondo qui conveniva gente a cantarci l’esequie fino alla Speranza. Mi tengo unicamente a quelli che sciuparono carta ed inchiostro (intelletto non conta) a dettare: sogni d’infermi e fole da romanzi; e qui potrei dire come il Bertolotti ponesse la scena del Sasso rancio e della Isoletta dei Cipressi, il Grossi del Marco Visconti e di Ulrico e Lida, il Carcano dell’Angiola Maria, il Bazzoni di Falco della Rupe, e di altri mi passo. Alcuni di questi libri galleggiano sempre, altri si vedono sì e no fra due acque come cosa che affoga; taluno riposa sopra un guanciale di limo in fondo a Lete, ma ciò gli avvenne non mica per vizio di