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capitolo xviii. | 257 |
credere che tutto questo io facessi perchè, oltre gli altri lussi, tu t’incarognissi nel lusso più depravato di tutti, quello di trinciarla da galantuomo? Cotesto è lusso regio, non lecito ai semplici mortali; chiunque si attenti andarlo a cacciare nelle bandite regie, cade in trasgressione, se pure non ci acchiappa qualche palla nel cranio per via di ammonimento.
— Dunque voi presumeste comprarmi l’onore?
— Io non so che sia onore, e so anche meno in che cosa avrebbe potuto avvantaggiarmi. Tu promettesti essermi un guanto nella mano, e mi sembra averti pagato per mille dozzine di guanti: eletta d’intelligenza, fiore di gioventù si adatta a diventare cadavere gratis in mano del padre maestro gesuita, e tu tarocchi al primo servizio che ti chiede il tuo benefattore. Ch’è questa boria! La profferta di gente della tua qualità supera di due cotanti la richiesta: e credi tu che se io ti chiedessi il doppio di quanto ti chiedo, in confronto di quello che profusi per te, tu salderesti mezzo il credito che hai contratto meco?
— Dunque, quando l’avo finse beneficare il suo sangue aveva in mente di comprargli l’anima?
— Nè l’anima, nè il corpo: cotesti contratti un di faceva il diavolo: oggi non costumano più: noi pattuimmo un cambio di servizi; finora ho pagato, adesso è venuto il tempo che tu mi consegni un