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254 | il secolo che muore |
chiappò il frullo di uscire di casa, per chiederti a Isabella, era meglio che nello scendere le scale mi fossi rotto le gambe e il collo per giunta... e adesso, Nassoli, non ci sarebbe verso di collocare questi biglietti?
— Lo giudico intempestivo... estremamente intempestivo, rispose asciutto il Nassoli.
— Maledetto! urlò Omobono, dando di un forte pugno sopra la tavola, e proseguiva; ma il Nassoli ne reprimeva il furore dicendo:
— Che serve? Ora l’escandescenze riescono intempestive... estremamente intempestive; navighiamo secondo il vento.
— Avete ragione: orsìi, via; domani tu negozierai il portafogli, tutto se riesce, se no la maggior parte: danari e valori tu fa’ di portare a me; secondo i capitali che avrai ricavato, io ti largirò sussidi pel viaggio e per istabilirti in luogo lontano, dov’io non senta più parlare di te: ammannisciti a partire da un’ora all’altra; al passaporto e all’imbarco a Genova provvederò io: voi, Nassoli, domani per tempo metterete i miei e i suoi registri in regola, onde dal confronto loro risulti a luce meridiana che Omobono Onesti si è fuggito lasciandosi dietro un vuoto di cassa di tanti milioni, quanti voi reputerete necessari.
— Che? come? ruggì il giovane Omobono. Io non fuggo, io non lascio dietro a me vuoti di cassa.