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capitolo xviii. 253


— Temo che si opponga un’altra difficoltà.

— E quale?

— Nel portafogli conservo pochi recapiti commerciali da potersi facilmente negoziare.

— O le cinque... le sette... le novecentomila lire che tu hai avuto da me dove le hai tu messe?

— Quelle che sono sono; le si trovano registrate su in libri e depositate in cassa.

— O che il danaro resta nelle casse a condire? E perchè non le adoperasti?

— Perchè?

— Sì, perchè?

— E me lo domanda?

— Certo, ma certo che te lo domando: io ho bisogno sapere perchè tanto valsente, contro la mia volontà e le mie istruzioni, rimase morto nelle tue mani?

— Ebbene, poichè mi obbliga a dirglielo, le dirò: perchè i biglietti ch’ebbi da lei erano tutti falsi, per la qual cosa, appena mi accorsi a qual partito terribile ella mi avesse posto, non solo mi astenni metterne altri in circolazione, ma m’industriai ritirarne la maggior quantità che per me si potesse... quindi la sua cassa è debitrice, non creditrice della mia.

— Che tu fossi un vigliacco... un asino calzato e vestito, già sapeva, ma fino a questo punto prima di ora non lo avrei immaginato. Il giorno che mi