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capitolo xv. 23


A cui leggendo siffatti vituperii, biasimando, dicesse: cotesti sono ditirambi di mente depravata, risponderò con le parole di Tacito, allorchè scrive di Messalina:

«Veggo che parrà favola, che persona ardisse cotanto in città, che tutto conosce e nulla tace.... ma io, senza punto aggrandire, dirò quello che ho letto ed udito dai vecchi»1.

Ed io correggo: — quello che ai tempi miei come cosa notissima l’universale affermava e da veruno negavasi.

E tuttavia, comecchè le levassero i pezzi da dosso dietro le spalle, davanti la incensavano sempre: in pubblico ognuno avrebbe schivato darle braccio, mentre in privato facevan calca di baciarle la mano, e ciò perchè ella continuava a godere credito, o dava ad intendere goderlo. Lo interesse altrui metteva lei nel lambicco; ella dal canto suo ci metteva altri, e ognuno si industriava a stillarne più utile che poteva. L’affetto un dì legava con lacci di rose, ma l’interesse oggi stringe con le manette peggio di una guardia di pubblica sicurezza.

Costei essendo capitata nelle mani di certo famoso ministro, questi, tenutala per alcun poco di tempo, la rimandò dicendo: «Bella mia: conosco che tu possiedi tutte le virtù teologali, e forse avrai

  1. Ann. 11, § 27.