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capitolo xvii. 247


Fabrizio, atteggiandosi a fuggire, brontola con voce incavernata:

— Giù i coltelli! Liberatemi dai coltelli! E voi, che fate qui? Così i regi giandarmi adempiono i loro doveri?

Il maresciallo, punto sul vivo dal rimprovero non meritato:

— Che colpa abbiamo noi se la paura le fa scambiare le braccia dei bimbi per coltelli?

— Mi hanno minacciato co’ coltelli.

— Tiri innanzi, non ci stia a badare.

~~ Mi hanno minacciato co’ coltelli.

— No, no, le furono parole.

— Oh! che dissero?

— Ai condannati non si concedono tre giorni di tempo per isfogarsi contro ai giudici?

— Sì, ma che dissero? Chi furono?

— Non franca la spesa informarcene.

— No, lo voglio sapere.

— Per obbedienza le dirò che essi imprecarono il sangue del loro padre fosse dato a bere a vostra signoria illustrissima nel punto di morte.

— E chi erano essi? Come entro io con loro?

— Eh! se lo può figurare, sono i figliuoli dello isdraelita Zaccaria...

Fabrizio non fiatò più; chinato il viso, lo tenne basso fino alla porta di casa sua: non prese cibo nò bevanda; si gettò vestito sul letto accusando