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trovandoci profitto, furono anch’essi perturbatori dell’ordine pubblico; e ciò accadde quando i conti contavano e tenevano le città ordinate a questo modo: un re che regna, una nobiltà che comanda, un popolo che serve; allora costoro predicarono la fratellanza con le plebi, sè uniti a queste salutarono popolo, e insieme puntando superarono i grandi e presero lo Stato. Qui finiva la fratellanza, e la plebe fu rimandata ai solchi e alle officine coll’onore di avere abbattuto i grandi e sostituito i borghesi; se mormarava scontenta, la saldarono a cannonate. Ora la plebe sta a casa con la commissione di lavorare e generare; il lavoro le comprano a mozza gamba in pace, in guerra accetteranno i figliuoli, onde si facciano ammazzare in difesa dei loro interessi per nulla.

La borghesia adesso sta di fronte alla plebe, come la nobilea un dì stava di faccia alla borghesia; la potestà regia, che prima notò co’ sugheri nobili, oggi nota co’ sugheri borghesi; qualche nobile arrembato mantiene sempre nei vivai di Corte, perchè i borghesi ne piglino gelosia e s’infervorino maggiormente nella servitù. Fermi tutti; l’era delle rivoluzioni è chiusa; uscendone, il ministro Farini se ne tirò dietro l’uscio. Non è solo Augusto re di Polonia sfrenato amatore di se stesso, che dai balconi aperti faceva bandire tutti i polacchi avere bevuto quando era brillo: tutti così; dei re si mena