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capitolo xvii. | 243 |
zia, e poi e poi. — D’altronde, si trattasse di omicidi... ti dia la peste, si potrebbe correre! Ma di repubblicani che rompono i commerci, interrompono le industrie, buttano la rendita all’inferno, spingono l’aggio in paradiso... ob! allora taglia, che gli è rosso.
Io non mi so capacitare come taluno, osservando che i borghesi appaiono anzichenò corrivi nel giudicare i reati di sangue, mentre poi procedono indragati contro i ladri, i repubblicani, i demagoghi e gli altri tutti sovvertitori di questo mare morto che si chiama quiete, ne abbia fatto le maraviglie, perchè la ragione spiccia chiara come acqua di fontana; del micidiale non temono, perchè dopo le ventiquattro in casa a cena e a letto con la casta moglie, mentre i ladri vanno giusto in giro in cotesto ore ad insidiare le loro mercanzie indarno confidate a chiavistelli amici dell’ordine — e i cospiratori sono, si può dire, i primogeniti della notte.
San Sotero è il patrono dei borghesi, però che valga per lo appunto in lingua greca Conservatore, ed in Italia primo a pigliarlo fu Milico liberto, che tradì il suo benefattore Natale facendogli la spia nella congiura pisoniana contro Nerone,1 da cui lo eredarono i moderati, ora vili, ora feroci e infami sempre. Un giorno, dopo aver fatto i conti,