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242 | il secolo che muore |
nella scrittura, si lasciò rubare la mano dall’abitudine della frondosa parlantina; nè gli avvocati difensori diversi da lui; — grondanti tutti di parole esagerate ed inani; ridevoli più del cane barbone che dopo il tuffo esca dal fiume e si scuota l’acqua sul greto; però tra la eloquenza dell’accusatore e quella del difensore un divario ci corre e grande: questa è unicamente ridicola, l’altra ridicola a un punto e orribile. — Nei gesti scomposti la croce dei santi Maurizio e Lazzaro (dacchè il ministro aveva giudicato bene crocifiggerlo per tenerlo fermo) gli saltava dal petto verso il viso e pareva si sforzasse ad allungarsi per dare di uno schiaffo in faccia al rinnegato; ma la morte di Zaccaria dispensò Fabrizio dalla parte di serva del boia, che va col paniere in mercato a fare la spesa per la forca: quanto a lavori forzati non si lasciò patire; i più a vita, meno di venti anni nessuno e nessuno assoluto.
Ai giudici borghesi, adesso ch’era levato di mezzo il caso di sentenziare a morte, pareva andare a nozze; i lavori forzati sono carabattole; perchè, rispetto a infamia, ormai è fuori di uso anco per chi la merita, figuriamoci se nei delitti politici, che domani saranno reputati gesti magnanimi, ed anche oggi a cento o dugento miglia dal luogo dove furono condannati — e rispetto a pena non mancano le raccomandazioni per alleviarla, e poi ci è la gra-