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capitolo xvii. | 235 |
boia, la morte del condannato istantanea. Però ne anche il sotto boia sofferse che gli avessero a dire ch’ei si mangiava il pane a tradimento, al quale effetto dalla scala si calò a terra, e lì, attaccatosi ai piedi del paziente, ritrasse le sue gambe dondolandosi giusto a mo’ che i fanciulli costumano quando tirano le funi delle campane.
Ite missa est: questo, per essere giusti, non disse il boia dall’alto della forca, ma lo lasciò capire calandosi giù dal suo altare: allora il corpo rimasto libero prese a giravoltare intorno intorno, come il fuso fa pendente dalla rocca; in cotesto moto gli cadde il velo dal capo, e Zaccaria nello impiccato riconobbe... chi mai? — Riconobbe se stesso. Allora gli s’insinuò nel capo una strana fantasia, e fu considerare s’egli era caso morire per fuggire la morte; gli parve di sì, e tanto da un punto all’altro si sprofondò in cotesta immaginazione, che avvenne a lui, come a quello il quale spendolandosi troppo dalla finestra non può tirarsi più dentro, ed è forza che vada a sfracellarsi il cranio su la strada. E tanto di subito s’impossessò questa fisima di lui, che come per miracolo liberato da ogni malore, si levò da giacere e si pose a brancolare al buio per rinvenire modo di mettere in esecuzione il suo proponimento: aveva sentito parlare di gente appiccatasi alle nottole d’imposte delle finestre, ovvero ai ferri delle inferriate, ma non gli occorse tova-