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224 il secolo che muore


disgraziato, nello scrivere l’atto della notificazione tremava; a Zaccaria presero a battere i denti; l’usciere più voleva affrettarsi e più s’intricava; alfine conchiuse il referto, e volendosi asciugare la fronte molle di sudore, senza badarci ci fece un rigo con la penna, e con la sua voce più benigna, proprio con quella delle feste, disse all’ebreo:

— La non si confonda, il diavolo non è mai tanto brutto come si dipinge — e se la svignò.

Partito l’usciere, Zaccaria si fece a leggere lo stampato, ma sì, e’ fu lo stesso come se si fosse posto a leggere il sole: vampe vorticose gli giravano dentro gli occhi; si gittò sul letto per avere tregua; peggio che mai, la stanza roteando andava capovolta; per non rotolare su la terra si aggrappò al materasso, morse le lenzuola, si attentò di levarsi, e giù stramazzoni per terra, senza balia di potersi rilevare in piedi; quivi stette, e tanto mandò dal suo corpo mirabile copia di sudore, che la forma ne rimase impressa sopra i mattoni, nella medesima maniera che una pia credenza predica la immagine del corpo di Gesù Cristo trovarsi improntata nella santa sindone, che per molti anni fu il gioiello di maggior valsente che si trovasse nel tesoro dei reali di Cipro, di Gerusalemme e di Sardegna.

Passato il primo parosismo della febbre paurosa, Zaccaria volle riprovarsi a leggere la requisitoria: