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capitolo xvii. | 215 |
dirsi, perchè fra mezz’ora si raduna il Consiglio dei ministri e S. M. lo presiede...
Entrò, chiuse la porta, e guardando la donna con lussuriosa compiacenza, le disse:
— Come sei bella!
— Fatti in là, sgarbato, non mi sgualcire il cappellino — e gli diè delle dita su i labbri, per temperare l’ardore dell’innamorato ministro. — Orsù, proseguiva poi, questi fogli me li hai portati? Dammeli, ch’io vada a liberare cotesta povera anima dal purgatorio.
Il volto del ministro si annuvolò e rispose brusco:
— Non li ho portati.
— che non li hai potuti trovare?
— Li ho trovati, ma non li ho portati.
— Dunque mi manchi di parola? Dunque di me non fai caso? Le proteste di stima, di devozione, di servitù, bugiarderie tutte?
— Bianca, hai tu mai letto l’Ariosto?
— Io non leggo simili porcherie; me l’ha proibito il confessore.
— Me ne dispiace; tu dunque devi sapere come cotesto poeta racconti di certo mago, il quale possedeva uno scudo così sfolgoreggiante, che chi lo mirasse cascava in terra abbarbagliato: però ei non lo portava mica scoperto, bensì ravvolto di una fodera spessa, scoprendolo solo quando si trovava con le spalle al muro.