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206 | il secolo che muore |
si paravano davanti a Fabrizio condncevano alla perdizione; ma l’una diritta e senza intoppi fino allo inferno, l’altra prima di arrivare allo inferno incontrava per via un baratro dove si sarebbero inabissate la fama e la fortuna sue, e da questa aborriva; ond’è che, sedendo a mensa con la moglie, poichè rimase lunga pezza a tavola, all’improvviso ruppe il silenzio dicendo:
— Sai tu, Bianca, che cosa ci è di nuovo?
— Che mai? domanda la donna rimescolata.
— E’ ci è che io non posso più, come ti aveva promesso, vendicarti, e con te l’onor mio.
— E perchè? rincalza la moglie con batticuore crescente.
— Domandalo al presidente del Consiglio dei ministri, tuo amico.
La Bianca per poco non cadde tramortita, tuttavia agguantandosi con femminile protervia alla dissimulazione, ultima tavola dei naufragi femminili, ella continua:
— O com’entra qui S. E.?
— Oh! egli ci entra più che io non vorrei... più di quello che io possa patire.... ci entra per modo ch’egli mi chiude ogni via alla vendetta... egli diventa complice dell’onta che mi fanno.
— Ahimè! ahimè! mi sento morire.
— Non morire ancora, che non ho finito; non morire, Bianca, che tu, vedi, potresti rimediare a tutto,