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capitolo xvii. 205


io mi ti offerisco disposto a dartene due), ciò ti dichiara espresso che delle tue carte non fa caso, nè te le mette a carico: per me giudico che a quest’ora ei le abbia distrutte: anche in questo io mi ti proffero per aiutarti, e sta’ sicuro che quando ti dirò io: poni il piede qua, tu non affonderai nelle fitte. Per ora addio. Se mi vorrai, manda per me di notte come di giorno, e risparmia giandarmi, che io appartengo alla specie degli agguantatori e non all’altra degli agguantati. Qui fuori aspetta il giudice istruttore, quasi basito dalla paura di perdere l’impiego: rimettigli il cuore in corpo; però negli affari che ti premono non ti valere di lui: di denti non manca, ma per tuo governo sappi che non è can mastino abbastanza, e poi svagella dalla miseria... e addio.

A Fabrizio usci di mente il giudice; costui coi pugni chiusi e le braccia tese, lo sguardo fiso, immobile in tutta la persona, stette lunga ora: pareva una sfinge di granito: quello che lo molestasse potrebbe forse argomentarsi da queste parole, ruggite piuttostochè discorse, le quali posero fine alla sua distrazione:

Ait latro ad latronem; il ladro sta bene coll’assassino.

Ercole al bivio: se non che delle due vie che occorrevano dinanzi a lui, una menava alla virtù e l’altra alla perdizione; mentre entrambe quelle che