Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
198 | il secolo che muore |
astringerlo all’interrogatorio, ovvero pigliare la lepre col carro; giunto al caffè, Sotero, sempre gentile, ne profferiva una tazza al giudice aggiungendo:
— - Oh! una tazza di caffè non si rifiuta mai: per lui si mantengono gli spiriti vivaci; dicono che i veneziani ne fanno grande uso appunto per non cascare addormentati nelle lagune; — e in così dire lo mesceva al giudice male repugnante.
Intanto il cancelliere, avendo compito il debito suo, si baloccava con la penna fra le dita, impaziente come un barbero al canapo. Sul più bello, e mentre Sotero forbitosi la bocca diceva al giudice: — Eccomi da lei — entra nella stanza il direttore, e con atteggiamento del devoto, il quale riverisca il santissimo Sacramento, accostasi a Sotero, che con aria da protettore gli dice:
— Ben levato, direttore, che abbiamo di nuovo?
— Signore... signore... scusi... perchè io non vorrei mancare al rispetto dovuto a V. S... ella è cavaliere?
— Potrebbe darsi... ma non me ne rammento... ad ogni modo tiri innanzi, che cavaliere o no, non fa caso.
— Ebbene, abbiamo che V. S. è libera, liberissima di andarsene quando le pare e le piace; anzi le dichiaro che qui dentro io non lo potrei più tenere; se vuole favorire nel mio appartamento io me lo recherò a grazia superiore alle mie speranze.