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194 | il secolo che muore |
con lei si può parlare — e a voce sommessa bisbigliò il nome di Fabrizio.
Allora si che le risa rinnovaronsi più strepitose che mai, e quando Sotero l’ebbe alquanto quietate riprese:
— Non occorre altro... andiamo. Babbo: a rivederci domani... forse prima che faccia giorno... ad ogni modo non mi aspetti a colazione... andrò al caffè.
A piè dell’uscio li aspettava una carrozza, dove il giudice con perfetta compitezza invitò Sotero a salire, dopo entrarono i due giandarmi, ultimo il giudice.
— E adesso in prigione! esclamò Sotero appena adagiatosi in carrozza; ma il giudice, che si sentiva addosso lo sgomento per la singolare baldanza dell’arrestato, subito di ripicchio:
— Ma noe... ma noe... semplice arresto, non equivochiamo.
— Eh! tra carcerato in arresto e arrestato in carcere mi pare non ci possa cadere equivoco. Ma ciò non monta: stanotte a V. S. non garberà interrogarmi, perchè vedo che casca dal sonno, ed io non canzono; dunque dormiamo; domani a quale ora V. S. giudica essere in comodo d’interrogarmi?
— Secondo i casi... perchè, capisce... noi altri...
— Non ci è casi che tengano, ho bisogno saperlo per assestare gravi interessi. Se ella vorrà di tanto