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capitolo xvii. 191


in somma lo annoveravano fra i secondi violini appena.

Un’altra cosa avverto, ed è la strana facilità con la quale parecchi cospiratori, anche dei principali, a mo’ di esempio il Mazzini, si commettano alla fede altrui; si comprende come ciò derivi da quella stessa necessità che sforza il marinaro ad esporsi alle tempeste; nè fin qui, ch’io sappia, fondaronsi compagnie di sicurtà per le congiure, come pei sinistri della navigazione: al genio del male è pur mestieri pagare la gabella; basta che le radiche restino; i ribelli sono e si chiamano legione.

Fabrizio pertanto nell’arduo mestiere del cospiratore si era scelto un fratello di arme, un altro sè stesso: pieno del sentimento della propria infallibilità, non chiese informazioni, ed avvertito che il nuovo amico Sotero viveva insieme col padre, speziale di Corte, che con devozione pari aveva ministrato cristei a tutti i reali di Savoia, e però stimavasi universalmente fedelissimo servitore della monarchia, egli giudicò avere trovato proprio il fatto suo, cioè uomo e luogo sicuri per depositare le carte del conventicole; come di vero egli gli consegnò, perchè nella paterna casa costui li conservasse, tutti i documenti di propria mano stesi o ricevuti da altri, relativi a quanto a suo intuito era stato operato.

Innanzi di dare principio al perverso disegno