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190 | il secolo che muore |
Avverto che ho scritto Titani così per dire, imperciocchè i cospiratori volgari più che ad altro si rassomigliano ai formicolai, dai quali, ove tu li scompigli con la punta del piede, vedrai uscire frotte di formiche spaventate; però come le formiche presto si rassembrano, e rimessi dalla paura minacciano; quando si accorgono che veruno li bada, allora profetano; persuasi poi che la stirpe dei profeti finì con Malachia, salgono in bigoncia del diario settimanale (respiro corto della democrazia) e quindi maledicono come il papa maledice; chi butta loro un tozzo e chi una sassata; per ultimo sgonfi dopo avere sognato dittature, ministeri e tribunizi troni, e repubblicane lussurie, vanno a finire ricevitori del dazio consumo; taluno guardia di pubblica sicurezza o deputato.
I veri capi potenti d’ingegno, di virtù e di tenacità, subodorati gli spiriti cupidi e soperchiatori di Fabrizio, avevano praticato con lui il vecchio insegnamento: loda il matto e fallo correre; sicchè egli ormai persuaso essere l’anima della congiura, e senza di lui non potersi far nulla, non si dava più posa; egli visitatore notturno, egli arringatore ruinoso; superlativo sempre nei consigli, nelle parole, e nei gesti; egli inesausto scrittore di proclami incendiari, viaggiatore, arrolatore, collettore e propugnatore dei partiti più disperati; e mentre il povero uomo se reputava maestro di cappella,