Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore III.djvu/17


capitolo xv. 15


rileva. Ora cotesti principi, come assoluti, essendo allora padroni di tutto, non solo senza biasimo, anzi con lode di cortesia potevano largire ai ministri il paraguanto pei denari provvisti. Nel governo costituzionale all’incontro è un altro paio di maniche, dacchè i denari non si procurino già pel principe, ma sì per lo Stato, di cui la sovranità componendosi di tre membri, egli è mestieri che tutti e tre si trovino d’accordo a donare come a pigliare: accordo facilissimo nel secondo caso, quanto malagevole nel primo.

Almeno certo ministro di finanze la intendeva a questo modo, e il suo concetto volle scrivere a guisa di prefazio nello imprestito conchiuso durante la sua amministrazione pei bisogni dello Stato, ma un famoso ministro statuario e stradaiolo1 venuto dopo di lui, che diede le mosse ai tuoni, fattosi presentare

  1. Il ministro a cui alludo fu Vincenzo Ricci, patrizio genovese, che io rammenterò sempre con animo reverente e benevolo, comecchè pendesse al bigotto: fu uomo di molteplice dottrina, magistrato, letterato e politico: in molte cose gli fu maestro il celebre barone di Zac, e certo egli non poteva desiderare di meglio. La patria, la quale alzò a dozzine statue al Cavour, onde lo dico statuario, e da lui nominò a ventine le strade pubbliche, onde lo intitolo stradaiolo, non pose al marchese Vincenzo Ricci pietra nè parola; ma io ho ferma fede che un giorno il popolo italiano, aprendo gli occhi, conoscerà il Cavour essere stato non fattore, bensì tosatore della unità italiana, seminatore dell’atroce corruzione che ci affoga e ciurmatore capitale delle nostre finanze, e convertirà le sue statue nell’uso che i greci fecero delle trecento statue erette a Demetrio Falereo, voglio dire in mortai, dove le buone donne pestano il prezzemolo e l’aglio.