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142 | il secolo che muore |
manti aveva rimediato alla meglio, mettendone a canto a due falsi uno buono; quanto all’altra dei cavalli non sapeva che pesci pigliare; difatti, ti riesce comparire in corso con un cavallo di carne ed un cavallo di legno? Il mio regno, il mio regno per un cavallo! E se questo fu lecito gridare al re Riccardo III per un cavallo solo, o che cosa non si ha da concedere alla donna che prometta per due?
Ma se a Fabrizio teneva calafatate le orecchie col cotone l’amore, al Vinneri le dilatava il sospetto; e in verità ne udiva delle bigie e delle nere; ne gli giovava farsi piccino, rimpiattarsi e sparire, che il pubblico maligno aveva indovinato il gioco: il presidente, egli mormorava, si astiene da pigliar parte nel collegio giudicante le cause difese dal genero, ma sotto sotto fa fuoco nell’orcio, e le cose vanno sempre per la china: cotesti non sono giudizi, bensì grassazioni commesse a mano armata di carta bollata sul pubblico tribunale; o come va che il genero Fabrizio abbia sempre ragione, e chi piatisce con esso lui sempre e poi sempre torto? Sopra lui solo piovve lo Spirito Santo? Il capitano forse per tempo non interrotto potrà vincere in grazia della virtù e della fortuna sua, ma l’avvocato, senza che il diavolo ci ficchi la coda, sempre non la potrà spuntare.
E la caldaia, bolli bolli, già manda all’aria i sonagli, già la schiuma in pelle in pelle all’estremo