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capitolo xvii. | 113 |
— Ah! quel buono uomo del Franklin ha lasciato scritto che un vizio costa più di due figliuoli, e sarà; non però più di una moglie: devota la divorano i preti, mondana le crestaie; ed ora con questa figliuola in casa come si stilla?
Di fatti, se la madre non se n’era tolta cura, figurarsi se il padre! Egli aveva in pratica la regina di cuori mille volte più della figliuola. La madre, quando l’aveva menata a messa tutte le feste di precetto, a confessarsi ogni mese una volta, quattro a comunicarsi in capo all’anno, credeva aver fatto quanto Carlo in Francia; al padre sembrava avere superato la fatica del Cireneo, menandola nel carnevale al teatro un paio di volte.
La fanciulla venne mirabilmente leggiadra; di capello nero lustro e copioso, gli occhi pur neri luccicanti di voluttà, nei moti serpentina, facile al pianto, facile al riso; e piangente e ridente, leggiadrissima; ma piangente più, imperciocchè ridendo le labbra e i denti davano sembianza vera di gelsomini in mezzo ad un cerchio di ranuncoli, ma le lacrime moltiplicavano i raggi alle pupille: un secentista avrebbe cantato ch’ella piangeva brillanti: vestiva da pinzochera, e cotesta foggia cresceva la procacia della sua venustà: ti sarebbe parsa Venere immascherata da suora del Sacro Cuore di Gesù. La chiamavano Bianca, e la stupidità del notaio, che scrisse Alba per errorem sopra una