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capitolo xvii. | 111 |
tico costume: all’osso dàgli addosso; alla marmaglia era giustizia la sorte, ed era la meglio trattata; il primo processo, che allungato il braccio gli capitava sotto, vinceva.
Tutti i governi lo avevano disprezzato, e tutti lo avevano blandito, perchè senza eccezione tutti lo avevano giudicato arnese eccellentissimo di servitù. Costui, per operare i voltafaccia a tempo, girando lieve e veloce su le calcagna come uscio sopra i ben unti arpioni, valeva un tesoro; e se le ritirate politiche fruttassero fama quanto le militari, Senofonte di petto a lui sarebbe stato un tamburo; per la quale cosa egli, sicuro di sè, presentava le insegne degli ordini cavallereschi dei governi caduti ai governi via via sorvegnenti, come il forestiero getta sopra li tavola del cambiatore la moneta affinchè gliela baratti, e i nuovi governi senza fiatare gliela permutavano, ed anche qualche cosa del loro ci aggiungevano. Il governo tramontante se lo vedeva scomparire da canto fra la pera e il formaggio, senza accorgersene, proprio a quel modo che il sonno inavvertito piglia l’uomo; il governo oriente se lo trovò davanti non sapendo donde fosse venuto; forse pensò gli fosse cascato dalle maniche; il Vinneri allora per salutarlo finì un sorriso che aveva incominciato per l’altro; appunto come il cardinale Zondadari a Siena ebbe a finire pei francesi il Te deum ch’egli aveva incominciato pei te-