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capitolo xvii. | 109 |
soldato da osteria, solo lo salutano Dio quando lo accompagna Minerva.
Fabrizio dunque era vano e smanioso dei piaceri, e più delle apparenze del lusso: quanti lo soperchiavano di tutto cuore odiava; se accadeva che qualcheduno dei suoi amici lo rasentasse sfolgorante in cocchio trasportato da focosi cavalli, a voce alta gli mandava un saluto e a bassa aggiungeva: a rotta di collo! — Del suo fratello Omobono non sapeva darsi pace; sopra costui la Fortuna aveva versato e poi scosso il sacco, mentre su la sua faccia lo aveva sbatacchiato vuoto: frequentava luoghi appartati; aspreggiatore di se stesso; ogni giorno più corrivo all’ira e selvatico; per uscire di pena avrebbe dato l’anima al diavolo se gli fosse comparso davanti.
E il diavolo gli comparve davvero nella persona del presidente di una Corte di appello. Aveva nome Vinneri. I sette peccati mortali gli andaron fino a casa ad educarlo gratis; ma egli durante tutta la vita mise da parte quanto gli avanzava da quelli per fabbricarsene un ottavo, e giusto allora stava per rompere il salvadanaio; però dei sette, due gli avevano preso il sopravvento, ed erano la ghiottoneria e l’avarizia, impossessata di lui sotto la forma del demonio del gioco. Se avessero ragguagliato la sua ignoranza con la sua malignità, non ci saria scattato un dito; e tuttavia lo giudicavano dottis-