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lo mani, e le paia gran vanto avere rivendicato la Patria dalla insolenza francese: gl’italiani non si battono; ma oggimai chi dà retta ai francesi? Noi però dobbiamo avvertire che anco i gladiatori combattevano ferocemente: talora costretti, spesso volontari, per campare vita breve e infame consentivano a uccidere e ad essere uccisi, e morendo pigliavano atteggiamento scenico per libidine di plauso: tanto ai morenti, quanto ai superstiti cotesto rumore pareva gloria! Le armi solo sanguinose non approdano nè onorano; le sapienti sì, ma queste per noi italiani stanno sempre nei voti. Soldato fu Cesare, che militando dettava i Commentari; la mano stessa, che la mattina con la spada operava miracoli di valore, la sera con lo stilo li tramandava alla memoria dei posteri, sicchè noi oggi andiamo perplessi se egli meglio li effettuasse o li scrivesse; soldato Catone, che immoto negli ultimi pericoli si confortava leggendo il dialogo di Platone su la immortalità; soldato Bruto, vigilante la notte in mezzo ai campi meditando sui libri; soldati parecchi di quelli alunni di Napoleone I, i quali portavano nello zaino confasi con le cartacce classici greci e latini da volgarizzare e commentare, o piuttosto celebriamo soldati veri coloro che combattono per giusta causa con sapienza pari alla virtù.

In Marte bertone di Venere la gente ravvisa il