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104 il secolo che muore


Gli onorati studi pertanto praticaronsi da Fabrizio, come una carta geografica, la quale gli avrebbe insegnata la strada per arrivare al tempio dove Dio è Mammone. L’eccessivo presumere di sè lo rese vano, ed è di angustia grande considerare quanto la vanità possa a piegare verso terra anime uscite di mano alla natura, divine per indole. La vanità, oltre a fecondarli, salda insieme i pessimi istinti. Il giovane, il quale arroga di aver messo il tetto, in breve vedrà demolito quel tanto ch’egli si aveva con lunga fatica fabbricato. Fin qui i nostri costumi, o pari in tutto, o diversi poco da quelli di Francia, ond’ella cadde in miserabili rovine, e a noi non è concesso risorgere. Piaccia a Dio che i concetti magnanimi e il sangue generoso non sieno stati sparsi invano; ma intanto ne sgomenta uno sfinimento mortale. Vedete se l’anima della massima parte della gioventù italiana non vi sembra adesso una spugna tuffata nelle turpitudini francesi. Da anni ben lunghi la Francia è fatta acquitrino di gente rotta ad ogni libito; colà furono assegnati nomi onesti alle infamie, eleganze alle oscenità, e perfino sembiante di amore patrio al tradimento; quivi troverai l’assassino che allieta gli ozi forzati del carcere scrivendo poesie con penna intinta nel sangue; — e il pudore mandato a scuola da pubbliche meretrici; banchieri i quali vissero a Corte, perchè non erano incatenati in