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capitolo xvi. | 101 |
gli riuscì proprio com’egli aveva pensato, e così a lui toccò aprirsi le porte del paradiso co’ grimaldelli, laddove altri ci ebbe a rompere dentro la serratura le chiavi di san Pietro.
Lui allietarono principesche nozze; duchi, marchesi, principi e baroni gli redimirono la fronte coi raggi della loro nobiltà, ed anco a lui il regio favore fece scaturire sul capo due corni luminosi pari a quelli di Moisè, e lo rese sfolgorante di luce propria.
In un caso solo gli sdrucciolò il piede, e fu quando si attentò avventurarsi a entrare da capo in Parlamento senza annasare prima se fumo di pudore fosse rimasto sempre là dentro. Si fece uno scappuccio, ma senza sgomentarsi ripose la bandiera nel sacco: non è anco tempo; a quest’altra bellissima ottava.
E la seconda volta procede con maggiori cautele. Annasò prima la sua città, annusò meglio il Parlamento; in quella trovò morto ogni senso di umanità, in questo svaporato qualunque famo di pudore. Di fatti in cotesta città prevaleva allora la setta di coloro i quali avevano segnato umilissima supplica, affinchè la oppressione degli stranieri vi si prolungasse. Poichè in questa vita non vi toccò verun castigo, nè manco la esecrazione del popolo imbestiato, possa Dio, giudice, serbarvi nell’altra i meritati premi!