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fanti, imitando il costume dei Curoti, piccliiavano sopra gli scudi menando un rumore d’inferno, onde Saturno non udisse i vagiti di Giove e non mangiasse anco lui; urlavano a squarcia gola, perchè il principe non udisse i gridi del popolo, e non risensasse, ed essi, se possibile era, quello della propria coscienza.

— Che cosa vuol’ella? Qui domando ad un lettore, che mi ha dato uno strettone alla falda del soprabito.

— Scusi, o che mi permetterebbe una parola?

— La ne dica anche dieci.

— Mi fa la finezza di abbassare il capo, perchè mi perito, e glie la vorrei parlare dentro un orecchio.

— Eccolo abbassato.

— Ma che sia benedetto, la le dice grosse come il cupolone del Duomo; o dove vuol’ella che abbiano la coscienza i Sorci, i Nici, i Rami, i Solicari, i Duecancri, i Garidi ed altra gente di siffatta risma? dunque la tiri un frego al grido della coscienza; lei ce lo ha messo per figura rettorica.

— Ecco, i’ ce l’ho tirato; ed ora con sua buona licenza posso ire- innanzi?

— La vada a buon viaggio, che San Giuliano e Sant’Antonio l’aiutino.

Dunque Probo fece come colui che si tira indietro per pigliare la rimossa ad abbrivarsi più innanzi; e