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98 | il secolo che muore |
corpo la paura per davvero; si spaventò di cotesto lustre, come il fanciullo impaurisce del compagno che in carnevale si nasconde la faccia dentro un testone di carta pesta; non ebbe più balìa di azzeccare due idee e di mettere insieme quattro parole; si diede a piangere, supplicò a mani giunte pei figli innocentissimi; costui era così avvezzo ad appropriarsi il bene degli altri, che gli parve furto perfino il risparmio dei venti milioni procurato allo Stato! Lo stomaco commosso della sua coscienza ribolliva furfanterie vecchie e nuove; e poi tremava gli rivocassero la concessione, onde avesse a rimanerne in camicia.
La stessa abiezione stette scandalizzata allo spettacolo di tanta viltà.
Quando poi incominciò a conoscere che cotesti neri nuvoloni si sarebbero sciolti in pioggia, e lui uscito pel rotto della cuffia di una censura, spiccò un salto per l’allegrezza, e fra un groppo di riso e un altro esclamava:
— O grullo! Tre volte grullo! non capisti di colta che se io cascava gli altri mi venivano dietro, perchè, o chi avrebbe finito di pagare a costoro il beveraggio? Diamo tempo al tempo: quando la pecora entra nella siepe, qualche bioccolo di lana egli è pur forza che ci lasci. Pieghiamo per raddrizzarci. Niente è perduto se rimane la cassa: renunzierò alla deputazione perchè io, se non la posso