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capitolo x. 97


— E a voi, signor Curio, raccomando il padre mio; da lui in fuori io non ho altri al mondo....

Non risposero, perchè piangevano; ella no, quantunque le lagrime le stessero in pelle in pelle per traboccarle dagli occhi. Filippo le baciò la mano e il volto. Curio si tenne facoltato a baciarle la mano soltanto; però a lui solo, mentre passava la soglia, riuscì voltarsi indietro a dirle:

— A rivederci, Eufrosina.

— Sì, a rivederci, e Dio vi accompagni.

Il povero Filippo non aveva ancora ricuperato la favella; strinse nelle sue le mani della baronessa e guardò in su; ed ella:

— Ho capito.... Filippo, sono madre anch’io.. . ed ho provato il dolore di perdere un figliuolo. Anzi, sentite un po’: io temo forte che la povera Eufrosina non reggerebbe alla incertezza del vostro stato, quindi vi proporrei imitare lo esempio di quella santissima donna che fu la contessa Teresa Confalonieri, la quale, sentendosi morire, onde la nuova della sua morte non levasse gli ultimi spiriti al marito Federigo, prigione nello Spielberg, scrisse lettere con la data di giorni, mesi ed anni avvenire, affinchè, dopo defunta, via via gliele consegnassero, ed egli, credendola viva, non disperasse. Pietoso inganno! Voi poi vivrete di certo, me lo porge il cuore, che non mi ha tradito mai; pure cento casi possono avvenire, i quali, o vi toglie-