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capitolo x. | 93 |
mezzo al fragore delle armi, allo affanno della zuffa, alia polvere e al famo, la vittoria cammini a tastoni incerta dove si abbia a posare; tocca al buon capitano ritrovare le orme, agguantarla e incatenarla come schiava fuggitiva al carro del suo trionfo. Di altro non so, perchè mi sono partito dal campo.
— Come partito? Sul più bello si parte?
E il sergente, con mi suo ghigno amaro:
— Non dubiti, maggiore, che io sono di quelli che rimangono addietro a chiudere l’uscio; qui venni, per comando espresso del Generale, a curare una mia creatura di sedici anni, che....
— Che mai?
— Che, nel seguitarmi alla guerra, cadde inferma. Ora ritorno.
— E tu. Curio, a che stai?
— Io non istò per niente, me ne vo con lui a prendere il posto della sua figliuola.
— Dunque non perdete tempo, andatevene.... ogni minuto perduto ò un delitto, un tradimento.... ma no, aspettate.... voglio venire anch’io.
Immemore dello stato in cui si trovava, il buon maggiore appuntella il braccio ferito per ispingersi fuori del letto: nell’impeto del moto manda in pezzi lo apparecchio e sfascia la piaga, con suo inestimabile spasimo: il sangue scorre a fiume dalle lacere vene, lo invade un freddo sudore, la immagine delle cose circostanti gli si perde dentro una cali-