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capitolo x. | 81 |
ce le manderebbe migliori; il vino, una maniera di minestra mora composta di acido tartarico, miele e campeggio: per me giuro che lo attingono a brocche a qualche pozzo infernale; di qui coliche, dissenterie, un rotolarsi bestemmiando per la terra e morire: fuori del campo gli avvelenatori si condannano in galera; in campo si pagano, anzi si fanno cavalieri. E bada, che le più volte muoiono di fame: ho visto io, con questi occhi veggenti, volontari, ai quali toccò nel corso di 28 ore mezza galletta ammuffita per uno, sicchè sovente fummo costretti a frugare sotto terra come bestie per trovare radica o patata, e con queste attutire la fame canina!!!1
— Eh! caro mio, se Messene piange, Sparta non ride: in questa parte anco l’esercito stanziale ne ha da contare delle belle: le armi sono buone?
— Qui poi esco dai gangheri; contro le carabine tirolesi, che ti spaccano il cranio con la palla alla distanza di 1800 metri, ci hanno mandato catenacci che non piglian fuoco dentro una fornace; sicchè, senza difesa, noi per un miglio e più siamo esposti alla morte2; di ciò porgono testimonianza molte rocce di cotesto alpi, ahimè! vermiglie di sangue italiano, e invendicato. Di promesse un sacco ma,