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piedi e dirle grazie di cuore. Per la quale cosa la massaia reputandosi uccellata, piena di rovello si allontanò brontolando un carro di villanie. Curio intanto, lieto del fatto suo, profferiva il braccio a Filippo, ma questi respingendolo disse:

— Va’ al diavolo, ch’io terrei mettermi in una tasca la tramontana e in un’altra il grecale, piuttostochè venire a braccetto con te.

Accostaronsi al letto del maggiore, dov’egli se ne stava appisolato, senoncliè, udito appena il rumore dei passi che gli si avvicinavano, aperse gli occhi sospirando:

— Quanto ti sei fatto aspettare!

— Maggiore, non una ma venti scuse potrei addurvi una migliore dell’altra: ma a che pro? Ecco: io vi ho condotto un’anima di leccio, che viene adesso dal quartiere del generale Garibaldi.

— Viene! E perchè torna?

— Non istate a farvi il sangue verde, maggiore, questo vi basti, che stoppa ce ne avanza, nèe Garibaldi si rimane da torcerla.

— Sì? Su presto, racconta.

— Il sergente Filippo ve lo racconterà per filo e per segno.

— Se permette, signor maggiore, disse Filippo,