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capitolo x. | 75 |
fresche, e poichè son liete, giudico crudeltà ritardargliele; dunque a rivederci.
— Aspetta, Curio, che vo’ venire anch’io.
— O la fatica? il sonno?
— Vedere un patriotta di cuore, e parlare con lui di battaglie, mi fa più pro che dormire.
Andarono; però, nonostante i bei propositi di Filippo, egli sentendosi debole di forze, si appoggiò al braccio di Cario, e per un buon tratto di cammino procederono a maraviglia; di repente Curio si svincolava da Filippo con tanto buon garbo, che per poco non lo mandò riverso per la terra; la cagione ne fu lo aver visto Curio una corba di limoni, i quali pensando potessero essere accetti al maggiore, corse a comprarli alla sua maniera, cioè a pigliarli per pagarli poi quello che chiedevano. Di nuovo si rimettono in via, e Filippo di nuovo si regge al braccio di Curio, finchè a questo non gli frulla pel capo la fantasia che forse il maggiore mancava di zucchero, e allora i limoni soli a che buoni, se non che alleghire i denti? Di qui un secondo sbalzo e un altro squasso, che per questa volta avrebbe di certo stramazzato Filippo, se non dava in pieno nella pancia ad una massaia, che pareva un pagliaio.
— Buona grazia vinse il palio! gridò la donna stizzita, rendendogli la spinta col cambio, onde Filippo potè, quantunque traballando, reggersi in