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68 | il secolo che muore |
pedito di ciondolarlo sul petto da una parte all’altra.
Il carbonaio, nello ardore della sua benevolenza, non aveva posto mente alla polvere di carbone onde egli e la sua seggiola andavano imbrattati, e molto meno ce l’avevano posta gli altri; sicchè Curio, essendosi asciugato più volte con le mani il sudore, ed avendo anco reso più volte lo stesso servizio alla inferma che grondava, in breve venne a fare di sè e di lei un tutto uguale al carbonaio: però giunti che furono al palazzo Olfridi, la baronessa, che li aspettava a gloria in capo di scala, al vederli non sapeva più in che mondo si fosse; erano tre cafri in un gomitolo: già stava per dare di volta, chiudere l’uscio e tirare i chiavistelli, quando valse a trattenerla la voce di Curio, il quale si mise a gridare:
— O che scappa, baronessa?
— Aspetto bianchi, e voi mi venite neri.
Nonostante le apprensioni di cui i nostri personaggi andavano compresi, di tanto non poterono trattenersi che non prorompessero tutti in uno scoppio di risa; fino la fanciulla, poco prima risentita, rise. Il carbonaio, che si sentiva in colpa di cotesto caso, si confondeva in scuse al mal fatto, chiamandosi pronto a sopperire alle spese di ranno e di sapone; onde le risa crescevano vie più: impertanto appena gli parve poterlo fare, se la svignò lasciando