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capitolo x. | 63 |
— Come? No davvero, che non è meglio così: non è meglio per la ragione che alla vista di quei bravi figliuoli, così malconci dalla rabbia dei nostri nemici, mi piglia una passione al cuore, che non ti so dire; non è meglio per me, percliè la vecchiaia è trista e la solitudine mi uggisce; io sento bisogno, più. che del pane quotidiano, vedermi ogni di attorno i miei nipotini.... io sono di levata. Curio mio; nella mia famiglia vivo, e finchè duro me la voglio godere... hai capito?
— Sì, signora; ella parla unicamente, ma io non lo diceva per questo, avendo il pensiero rivolto a Filippo: lo conosce, signora, Filippo?
— E chi è questo signore? Lo sento per la prima volta nominare adesso.
— Ebbene, vostra signoria sappia ch’egli è un sergente....
— E che me ne importa?
— Ma lasci dire; un sergente, bravo a prova di bomba; nella guardia nazionale di Milano egli tenne uffizio di sergente istruttore, e di giunta era maestro d’arme, onde egli ha potuto per questa via insegnare a tutti i giovanotti di Milano, me inclusivo, il maneggio della carabina, della spada e della sciabola. Filippo, oltre l’ufficio di sergente maggiore e di maestro d’arme, teneva eziandio una moglie, che egli amava, e però non faceva vedere a nessuno: il sergente racconta che la