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certo tacquesi allora e non si dice neanche adesso, ma è vero, come il maggiore Mainieri narrava a Curio, che non pochlii soldati fuggirono, gittate le armi, maledicendo gli stolti capitani: però in breve ripresero animo, e desiderarono ritentare la prova sotto guida migliore: moltissimi all’incontro durarono ordinati e pugnaci come quelli del Pianell e gli altri del Bixio; le due divisioni Angioletti e Longoni intatte, non avendo preso parte al combattimento: inoltre, o il Cialdini sul Po che ci stava egli a fare?

Eppure comandava a ben quattordici divisioni, esercito più numeroso di quello del Mincio. Intorno a Cuastoza furono i nostri centoquarantaseimila, e di questi combatterono soltanto sessantaseimila. Settecentoventi ne caddero morti, tremilacentododici si noverarono i feriti; tra le nostre e quelle del nemico, le perdite si bilanciarono: perchè dunque ci demmo per vinti? Al fatto di Marengo, di già riportato, il Rastow aggiunge con legittimo orgoglio l’altro di Ligny, dove i prussiani sbaragliati poterono in due giorni riordinarsi e battere Napoleone con la famosa percossa di Waterloo.

Non si volle vincere, proruppe un giorno quel fiero uomo che è Nino Bixio: però io non mi accosto alla terribile sentenza di lui, che è naturale cosa desiderarsi la vittoria con maggiore anelito da quelli che si sentono meno capaci ad acquistarla