Tre modi ci si presentavano per condurre la guerra offensiva: espugnare una per volta o tutte assieme le fortezze, ovvero introdursi nel mezzo di queste, isolare l’una dall’altra, distruggendo per siffatta guisa la ragione strategica del quadrilatero; finalmente, irrompere nell’Austria pel Friuli da un lato e pel Tirolo dall’altro, occupare Vienna e buttare all’aria la Ungheria: qui grande l’acquisto, pari al pericolo; ma per concepire e mandare a compimento simili partiti audacissimi, ci vogliono capitani che si chiamino Scipioni, ed eserciti composti di romani; e poi alle monarchie non garba sollevare la polvere delle rivoluzioni, memori sempre che chi semina il vento raccoglie la tempesta: il disegno di espugnare le fortezze, lungo, pieno di accidenti, spegnitoio di militare entusiasmo; riprovato dai maestri di guerra, massime se il nemico tenga con un esercito potente la campagna. Dei tre concetti elessero il secondo. Pertanto il presidente dei ministri Ricasoli, il venti del passato mese, lesse alle Camere il manifesto di guerra contro l’Austria1.
- ↑ Quanto fu la guerra bandita immortale per castronerie di tattica e di strategia, altrettanto fu memorabile lo scritto del Ricasoli per ispropositi di lingua e di senso comune: di vero, tre volte ci occorrono le frasi al seguito delle dimissioni date... in seguito della partenza... al seguito dell’ingiuste minacce; — più oltre: l’Austria temette... il Governo del Re credette... credette, che a ciò gli desse diritto: il più bello all’ult’ mo: «per queste aspirazioni nazionali troviamo soldati pronti a spargere sangue e fa-