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capitolo xiv. 397


«Signora Isabella,

«La lapide è al posto; e addio; con la presente vengo a dirgli, che non gli mando il conto, perchè non intendo essere pagato — e non voglio, e in casa mia il padrone sono io; veda, prima di andare a letto mi butto in ginocchioni per pregare Dio a volergli risparmiare delle altre tribolazioni; creda che non mi rimango da dirgli: — via, lasciala stare quella poverina; ora la potresti smettere; chi troppo mangia scoppia: tu non hai da permettere che delle Marie di sette dolori ce ne abbiano ad essere due. Spero che intenderà la ragione, ma se non la volesse capire, allora la vengo a supplicare di servirsi da un altro, perchè, non se ne abbia a male, ma creda in coscienza, che quando ho scarpellato una lapide per lei ne perdo il sonno e l’appetito per una settimana, e mi cresce il bisogno di bere per cacciare la malinconia: per tutt’altro ai suoi servizi; e addio; di tutto cuore, ecc.»

Oh! il popolo ha cuore; così avesse cervello!


FINE DEL SECONDO VOLUME.