Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
388 | il secolo che muore |
fanciullo, poi se lo recò alla bocca e lo baciò con tanto affetto e tanto profluvio di lacrime, che io proprio non sapeva più in che mondo mi fossi. Quietato alquanto, soggiunse: Udite, sorella, le novissime parole di un uomo che si muore, e fatene vostro pro. Voi avete qualche cosa che vi pesa sul cuore, ed io dubito che sia il rimorso di avere abbandonato i vostri genitori per consacrarvi alla vita ascetica: ora io vo’ che sappiate che chi non ama il padre e la madre non può amare di amore verace i suoi simili, nè la patria, nè Dio. Se la vostra madre in questo momento si trovasse ai termini nei quali mi trovo ridotto io, chi le bagnerebbe le labbra per alleggiarle il singhiozzo dell’agonia? Chi le chiuderebbe gli occhi al sonno eterno? Pensateci.
Dopo breve ora il giovane bennato aveva reso l’anima al suo Creatore.
Cotesto caso pieno di malinconia attristò tanto lo spirito di Arria, già vinto dai patimenti sofferti, che si ebbe a mettere in letto, dove pensando fisso ai suoi genitori, le si destò dentro alla coscienza una voce pietosa e continua, che le andava ripetendo: «Tua madre ti chiama e tu non rispondi?» Appena potè reggersi in piedi, sentendosi soffocare, scese nel giardino, dove le fronde degli alberi, stormendo, pareva le ripetessero l’appello materno; e