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capitolo xiv. | 385 |
strazi, le scede, le irrisioni, la guerra implacata, irrequieta che mossero contro Arria? La desolata sentì sgretolarsi dentro cuore e cervello. La sua salute non resse, e di corto le si manifestò la tisi: forse fino da principio ella era insanabile, ma la priora cortese, per finirla più presto, la mandò assistente all’ospedale militare, dove ella ministrando un giovane militare ferito gravemente, avvenne che lo udisse in mezzo agli spasimi invocare sempre i nomi del padre e della madre con tanta dolcezza, da chiamare le lacrime al ciglio; ed avendo aspettato che il dolore gli desse alcun poco di tregua, gli domandò: — Fratello, o perchè insieme co’ nomi dei vostri parenti non rammentate eziandio quello di Gesù Redentore? Non siete forse cristiano?
— Sono, il ferito rispose, e nato di popolo; faccio l’ottonaio; non so di lettere, e tuttavia, dando le spese al mio cervello, di due cose mi sono convinto: la prima è che amore di famiglia somministra fondamento ad ogni altro amore; e però amando i miei genitori mi sembra nel medesimo punto amare Dio, il quale si degnò concedermeli tanto amorosi e diletti, e mi sembra altresì che essi pregando per me, la preghiera loro deva accogliersi da Dio più volentieri della mia, perchè di me più virtuosi assai. La seconda cosa è che il lavoro finchè la salute dura, e la pazienza finche la malattia travaglia, sieno la preghiera migliore che la creatura