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capitolo xiv. | 381 |
CAPITOLO XIV. 381
nobilissime quanto cattolicissime baldracche valsero ad arricciare la fanciulla dabbene, che non potè fare a meno di capire come elleno portassero a consumare sopra l’ara dello amore divino tizzi già accesi nella fucina dello amore terreno e sovente criminoso. Più che tutto la offese la spiegazione che le suore provette, e le più volte la priora, davano di lei ai visitanti, come costumano i mostratori dinanzi alle gabbie delle bestie feroci; e lei annunziavano come anima riscattata dalle granfie del demonio: sapere, e saperlo di certo, che non mai l’arcangiolo S. Michele ebbe a durare aspra battaglia col diavolo come i reverendi padri gesuiti contro la famiglia, la città, la nazione di suor Maria Crocifìssa, imperciocchè la Italia, eccetto Roma, meriterebbe un diluvio di fuoco come già il mondo lo patì di acqua; e i congiunti della riscattata dalla servitù dello inferno tali da disgradarne Tiberio, Caligola e Nerone, quanto a uomini, e quanto a donne Messalina e Poppea. A lei, udendo simile strazio dei cari parenti e del paese natio, spesso andavano le caldane al capo e stava lì lì per dare di fuori; ma le suore allora in un attimo la circondavano, con infinito schiamazzo la sbalordivano, e con pronto pretesto lei ed i visitatori senza indugio di colà removevano: di ciò essendosi forte lamentata con la priora, ebbe a sentirsi rispondere: doversi accettare per ottimo tutto che giova alla