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374 | il secolo che muore |
Isabella non istette a sentire altro, e giù per le scale; ma Eufrosina pensando che così al buio poteva precipitarsi, le corse dietro col lume. Poveretta! pensava a far luce altrui senza avvertire che ella era cieca, ma bene questo avvertì la Isabella quando, giunta a mezzo della scala, vide chiaro; onde voltatasi, e spaventata dall’atto di Eufrosina in procinto di mettere il piede sul primo scalino urlò:
— Non ti muovere; fermati....
E si affrettò a ritornare indietro per ricondurre la infelice in casa. Intanto il vetturino andava dicendo: cotesti essere proprio pensieri del rosso; o che cerini non ne aveva egli? Di mozziconi di candela era piena la cassetta; ma Eufrosina insisteva perchè pigliassero il lume.
— Ed io che me ne fo? Tanto sono cieca!
— Non importa: chi più meno vede la luce e più desidera non iscompagnarsene mai, osservò Isabella; e il vetturino rincalzò:
— E se per le scale si spegnesse il lume, si verrebbe su al buio.
Ciò detto, da capo giù per le scale, e:
— Arria, mugolava la madre ad ogni scalino che scendeva, Arria, sei tu?
— Mamma! mamma! sì, sono io.
Arria scese, l’una si precipitò nelle braccia dell’altra, e piansero.