Achille, quanto sotto quella di barbietola dei ranocchi di Omero, il cuore batte con palpiti eguali: che cosa importa sedere sopra un guscio di noce o sopra una scranna dorata, a patto però che entrambi significhino trono? Che rivela stringere uno scettro, ovvero un mestolino, a patto che ambidue sieno simboli di signoria? Allo scarabeo che rotola nelle sue zampine la palla escrementizia pare di essere glorioso quanto Carlo Magno che stringe nelle mani il globo del mondo. I preti per giunta si studiano indefessi di adulare le donne, e con arte astuta alterano in loro il retto giudizio delle cose, sicchè alla perfine esse giungono a confondere le spille con gli stiletti, i veleni co’ biscottini, il faoco della contrizione col fuoco di legna, e quindi con leggerezza o gravità pari trattano queste e quelle. Dopo siffatte considerazioni ne vengono altre più materiate, non però meno desiderabili: le femmine agiate, dove tengano in convento lo ufficio supremo di priora e di abbadessa, ovvero uno dei capitali, godono delle comodità consuete o maggiori a quelle di cui già godevano in famiglia; le altre poi uscite da basso lignaggio si deliziano in morbidezze non isperate; dove capiterebbero mai se dimesse dal convento? Le più non hanno famiglia; l’avessero, esse repugnanti ci si condurrebbero, e le famiglie repugnanti le accoglierebbero. Uscendo dai conventi, esse se ne tirano dietro la polvere, trista