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capitolo xiv. | 343 |
lettera chiusa, la quale ella le avrebbe fatto recapitare in giornata, ma che essendole ora, fuori della sua aspettativa, capitata dinanzi, si recava a debito consegnarla nelle mie proprie mani. Apersi la lettera con membra tremanti, e con l’anima tremante anche più la lessi, e compresi come l’uredine letale della falsa religione avesse ormai corsi gli steli più delicati di cotesta povera anima...
— Per caso, interruppe il dottore, avreste conservato cotesta lettera?
— Non me ne separo mai, la porto sempre meco sul seno, nella folle speranza che, come l’ardore del mio sangue scalda la carta, un giorno possa scaldare anche il cuore di cui la scrisse.
— Le rincresce mostrarmela?
— Al contrario; prendete.
Il dottore lesse:
«Dilettissimi genitori,
Per vostra consolazione io vi ho da dire che, appena posto il piede sopra la soglia di questo asilo di carità e di pace, mi sono sentita tutta ricreare. Di opertanto vi rimeriti del benefìzio grande che mi avete fatto, allorchè secondando il mio desiderio voi mi ci avete messo; e come spontanei mi ci metteste, così spero che volentieri mi ci lascerete stare, avendo ormai fermamente risulato di non lasciarlo più. Varcato di un passo il limitare del piissimo asilo, ecco subito scendermi