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36 | il secolo che muore |
questo con ambedue farsi visiera agli ocelli, uno desolato guarda il cielo, l’altro non ha balìa di levare la faccia da terra; lamentevoli le madri, dolorose le fanciulle; spirava da ogni lato un’aura di desolazione: un lutto grave opprimeva di certo la città.
Curio si accosta a tale, che giudicò alla sembianza cortese, per domandargli qual fosse la causa di tanto cordoglio; costui non lo badò neppure, e così gli accadde con altro e con altro fino a cinque, sicchè ne stava per rinnegare la pazienza; non lo sovvenendo partito migliore, si lascia trasportare dalla piena, la quale come fu arrivata sopra certa piazza si biforcò, parte continuando a camminare pel medesimo tramite, e parte volgendo ad altro lato: di vero taluni andavano alle porte per accogliere i sorvegnenti, mentre altri si affrettano a soccorrere gli arrivati all’ospedale. Curio fu co’ secondi, e intantochè scorreva la via, riunite varie frasi tronche, costruiva la fiera notizia della rotta di Custoza, e quasi fosse poco, ecco aggiungergli trafitte all’anima le voci dello esercito sbandato; Garibaldi respinto, ferito... taluno accertava ucciso; immensa la strage degli italiani sopra le sponde fatali del Mincio. Nel salire le scale. Curio si sentiva sotto mancare le gambe, tantochè, per non cadere, ebbe ad aggrapparsi al muro; pure, innanzi di entrare nello spedale dove giacevano i feriti, i